Storia della Certosa

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INDICE
LA FONDAZIONE
La storia della Certosa inizia sul finire del XIII secolo, secolo di rinascita religiosa e civile, anche se non privo di molte contraddizioni e discordie; correvano i tempi di Papi famosi e potenti come Innocenzo III e Bonifazio VIII, di San Francesco e San Domenico e dei loro nuovi Ordini religiosi, prosperavano anche gli antichi Ordini del ceppo benedettino, come il Certosino.
In Italia prosperavano i Comuni , inizio sia pur contrastato, di struttura politiche democratiche, sorgevano in tutta Europa Università, fiorivano la letteratura e le arti, l’Alighieri con la sua Divina Commedia teneva a Battesimo la lingua italiana, ovunque sorgevano imponenti cattedrali e maestosi palazzi.
Genova, chiusa entro la cerchia antica delle mura medievali da porta Soprana a Porta dei Vacca, retta da Podestà o Capitani del popolo, era potente Repubblica marinara con colonie e fondaci in tutti i mari.
Uscendo a Ponente, superato il promontorio di Capo di Faro (poi detto di San Benigno) e il borgo marinaro di Sampierdarena, si risaliva attraverso strade o meglio mulattiere e sentieri verso Nord, raggiunto il rio della Pietra (ora zona metrò) si entrava nelle terre dei Dinegro: poche e povere le case, forse una antica chiesetta, scarse le coltivazioni, poco avanti ( nella località ora chiamata Borghetto ) una modesta costruzione adibita a ricovero di ammalati e pellegrini, l’Ospedale di San Biagio, istituito nel 1178 dai nobili Leccavela. L’attuale Certosa non esisteva ancora!
Attorno verde di prati e boschi, il Polcevera scorreva non arginato lungo tutto il fondo valle. Ma stava arrivando dalle Alpi marittime attraversando i monti liguri una piccola carovana di monaci bianco vestiti con conversi e famigli, provenienti dalla Certosa del Casotto nei pressi di Cuneo, appunto per venire a fondare una Certosa anche a Genova.
Le origini di una città ed ancor più di un borgo sono di norma oscure e controverse, non così per il quartiere della Certosa che è stato fondato il 9 luglio del 1297!
Tale data si legge negli ‘Annales Ordinis Cartusiensis’ che ancora si conservano, nella lapide di Orazio Dinegro nel presbiterio della Chiesa, e dallo stesso atto di fondazione rogato in Asti nella chiesa di San Secondo dal notaio palatino Pietro Claverio presenti il donatore nobile Bartolomeo Dinegro (detto Bartolino) e per l’Ordine Certosini Padre Oberto della Certosa di S.Maria del Casotto (nel Cuneense).
Da tali fonti si rileva anche l’importo versato ai monaci in terre e monete per complessive lire genoine d’oro 2000, comprensivo del prezzo delle terre di lire 700, nell’atto il pio Bartolino specifica inoltre che dovrà essere fatto nell’anniversario della sua morte funzione di suffragio e dovrà in tal giorno essere servito un pasto di pane, vino e legumi a 300 poveri (menù che fa capire la povertà del tempi antichi!).
 I Dinegro erano famiglia mercantile importante, ammiragli e comandanti di galee, ma verosimilmente molto digiuni dell’arte di coltivare la terra: i monaci in numero di sei, più tre conversi e altri famigli, erano stati comandati dal padre Bosone della Grande Chartreuse di Grenoble, superiore dell’Ordine. Il primo Priore fu appunto il Padre Oberto della Certosa del Casotto citato nell’atto . I figli di S.Brunone,.come tutti gli altri ordini nati dal ceppo benedettino, fedeli al motto ‘ora et labora’, erano infatti specializzati in tale attività, e godevano la fama di abili agricoltori, architetti, amministratori, oltre che uomini di preghiera e cultura; del resto si fa merito proprio a tali Ordini di aver conservato non solo la cultura, ma anche le arti e i mestieri e la stessa organizzazione minuta delle comunità contadine attraverso i rozzi secoli alto medievali; nacque così la Certosa, Cenobio e comunità contadina ed operaia.
IL CENOBIO E IL BORGO
Il XIV e XV secolo videro il nascere della Certosa, Cenobio e borgo insieme. Era il periodo d’oro dell’Ordine certosino, sorsero infatti qualche centinaio di Certose in tutta Europa e molte di loro lasciarono il nome alla località dove sorsero, le più antiche in luoghi remoti poi, per volere spesso di nobili famiglie (che le utilizzarono anche per loro sepoltura), anche nei pressi delle città come la Certosa di Pavia, quella di San Martino a Napoli, del Galuzzo a Firenze, per citare le più note; Certosa in qualche città è chiamato anche il cimitero e dintorni (Bologna, Milano), perché forse le antiche Certose erano considerate prestigiosi posti di sepoltura dalle nobili famiglie del tempo.
Tornando alla nostra Certosa, i monaci, i conversi, i donati (religiosi senza voti), coadiuvati da manenti e fìttavoli, probabilmente in parte ancora dei Dinegro iniziarono la costruzione del Cenobio e la colonizzazione agricola del vasto terreno ottenuto (la piana ed il monte dell’attuale sobborgo).
Venne edificato un primo chiostro in muratura ad arcate ogivali con intorno le celle dei monaci, l’oratorio di San Bartolomeo, ritenuta la prima chiesa officiata, anche se probabilmente dovevano esistere chiesette o cappelle secolari antecedenti, il terreno venne messo a coltivo a orto e vigna nella piana sottostante il cenobio (molti ricordano ancora il tinaio all’ingresso del vecchio chiostro distrutto nel 1943 da una bomba), e verosimilmente anche a grano.
Fino alla fine del secolo XIX esisteva infatti il mulino della Pietra dei monaci (demolito poi per la costruzione della linea ferroviaria e tranviaria), che derivava l’acqua dal Polcevera in corrispondenza di piazza dei Camalli (ora Facchini, antichissima) e la riversava poi insieme a quella dei fossati della Pietra e villa Rina nel greto del Polcevera nei pressi dell’attuale ponticello di Campi.
Nel secolo XIX esisteva ancora in buona parte tale sistemazione agricola, poi le ferrovie e l’arginatura del torrente cambiarono profondamente il luogo.
Si formò via via il borgo lungo la strada che andava verso il nord (l’antica via Postumia o forse una sua variante, come si direbbe in gergo attuale), sorse l’abitato costituito da modeste case dei manenti, fìttavoli, artigiani, la locanda, ecc. (qualcuna di queste vecchie case forse esiste ancora peraltro molto ristrutturata), quasi un piccolo feudo governato dal Padre Priore, dal Vicario, dal Procuratore Economo coadiuvato dai conversi e servi in genere, i monaci conducevano vita di stretta clausura, di preghiera, studio e lavoro. Il Cenobio si raggiungeva per l’antica “ crosa”, cinta da alti muri, a cui si accedeva da un portale posto davanti alla edicola di N. S. della Misericordia (restaurata a cura della Unione Operatori Economici ).
IL MEDIOEVO DELLA CERTOSA
La storia del medioevo certosino si confonde ovviamente con quella delle fortune e disgrazie della vicina città. La Certosa per secoli fu santuario e rifugio per le povere popolazioni di allora in tempo di aspre lotte civili, guerre e carestie; non mancavano poi le calamità naturali, a titolo di curiosità al riguardo ricordiamo ad esempio negli anni 1323-24 la discesa dai monti in Polcevera e Bisagno di grandi branchi di lupi affamati che molto guasto fecero.. La beneficenza era poi antica tradizione dei monaci, nell’ Archivio di Stato si conservano ancora lunghe liste di poveri che venivano a ricevere l’elemosina alla Certosa, anche per questo servivano i ‘luoghi di San Giorgio’ (i buoni del tesoro di allora) che venivano spesso donati al Cenobio da generosi benefattori.
A titolo di cronaca ed ad onore dei monaci ricorderemo che durante lo Scisma d’Occidente, la Certosa rimase fedele al Papa legittimo, malgrado il parere contrario del 1404 del Governo genovese ( in mano al Re di Francia ) e dello stesso Arcivescovo Pileo De Marini , che ritenevano invece Papa legittimo l’Antipapa avignonese Benedetto XIII.
Ai monaci della Certosa non mancarono serie noie…., il priore della Certosa, Padre Pietro degli Agazari (un conte piacentino), venne infatti espulso ed al suo posto inviato un priore spagnolo dell’Obbedienza Avignonese, Padre Domenico Bonafede, con alcuni monaci pure spagnoli. Alla fine dello scisma il vecchio Priore ritornò alla Certosa (fu priore per 23 anni) ed il p. Bonafede (creato poi cardinale dall’Antipapa) ritornò all’Obbedienza Romana.
Lo scisma cessò nel 1418 con l’elezione del Papa Martino V; malgrado il fortissimo sentimento religioso del medioevo la confusione era molta….., lo stesso S. Vincenzo Ferreri si dice avesse equivocato in merito.
Sul finire del medioevo notevole impulso la Certosa ricevette dai Dinegro, Doria, Spinola ed altri nobili famiglie. Ricordiamo l’inizio della costruzione della Chiesa, già officiata fin dal 1473 almeno, risultando dalla lapide in gotico sopra la porta dell’Oratorio che lo stesso era stato ceduto (e ristrutturato) a Benedetto Dinegro.
Infatti vi venne poi sepolto con soprastante bellissima lapide a fogliami (ora nel corridoio sacrestia), diventando così cappella dei Dinegro per sepoltura, e in seguito chiesa per le donne, che potevano assistere alle funzioni da apposita grande grata posta dove trovasi ora la porta di comunicazione tra Chiesa e Oratorio. Da ricordarsi poi le belle cappelle di Lazzaro Doria (1472) e di Giorgio Spinola (1480), noti ed illustri uomini politici della Genova di allora, probabilmente poste sul lato demolito del chiostro più antico e ricavate sopra celle di monaci. Esistevano ancora in pessimo stato alla metà del secolo scorso.
Si narra fossero di grande pregio artistico, in specie quella del Doria, con affreschi di scuola lombarda e pala (si dice opera di Vincenzo Foppa), lapidi e bassorilievi, pavimenti policromi e portali in ardesia con bassorilievi (i portali delle due cappelle si trovano ora al Victoria ed Albert Museum di Londra).
Nella stessa epoca dovrebbe pure essere iniziata la costruzione del secondo chiostro, sovrapposto al primo più antico in muratura (ora di proprietà comunale e carente di in lato), con le sfilate delle colonnine in marmo bianco con i capitelli ionici e cornici in pietra di promontorio.
Tempi nuovi erano in arrivo:, il 12 ottobre del 1492 Colombo pone fine al Medioevo.
Il vecchio mondo s’ingrandisce di molto, tra non molti anni passerà nei pressi della Certosa l’Imperatore Carlo V, “sui cui domini non tramontava mai il sole”, il Cenobio della Certosa con quello del Boschetto sull’altra sponda del Polcevera, cari a S. Caterina di Genova, s’avviavano a diventare centri di spiritualità e cultura importanti della Genova del Rinascimento e della Riforma cattolica.
IL RINASCIMENTO – IL XVI e XVII SECOLO
Nell’arco di tempo, oltre un secolo, che va dalla fine del XV secolo agli inizi del XVII secolo, il Cenobio della Certosa visse il suo periodo di maggior splendore. Venne completata la Chiesa, che fu regolarmente visitata e consacrata norma del Concilio tridentino nel 1563, costruito il chiostro sovrastante a quello medievale ed il monumentale chiostro antistante la Chiesa (il più grande della Liguria), con arcate a tutto sesto sostenute da 32 colonne bianco marmoree e con pavimento a mosaico di pietre bianco e nere (con ben 36 figure diverse), aumentate le celle, arredato il coro (allora completamente separato dalla chiesa con stalli del Delpino, purtroppo andati perduti), costruiti o rinnovati (come già spiegato)cappelle, oratorio e locali vari di pietà e servizio, ed infine il tutto decorato di affreschi, statue, quadri.
Chi arrivava da Sampierdarena o Rivarolo già da lontano, nel verde del bosco e sulle coltivazioni del piano, vedeva sulla collina dominare la monumentale mole della Certosa, tutta dipinta di bianco con croci ad ogni angolo della chiesa, sovrastare le modeste case del borgo, che a quell’epoca peraltro contava già qualche centinaio di anime.
In quel periodo il cenobio arrivò a contare fino a diciotto monaci, più i conversi, donati e famigli vari; era immediatamente soggetto all’Arcivescovo e non alla Plebania di Rivarolo (nei documenti certosini è infatti detta Certosa di Genova), e come Ordine dipendeva dalla Certosa di Pavia, ed aveva alle sue dipendenze la Certosa di Savona (con quattro monaci, ancora esistente e di proprietà della locale Curia) e quella di Toirano (non più esistente).
La Genova di quel tempo, trasformata in repubblica aristocratica dal grande Andrea Doria, da città di mercanti era diventata città di banchieri.
Sorgevano gli splendidi palazzi così ben descritti ed illustrati dal Rubens, Van Dick ed i fiamminghi ‘fotografavano’ sulla tela una nobiltà veramente magnifica in fatto di gusto artistico: nasceva una famosa scuola genovese di artisti scultori e pittori, che abbondanti tracce ha lasciato anche alla Certosa; il cenobio si trasformò in un museo con i quadri e le sculture di Taddeo, Giovanni e Gio.Batta Carlone, Bernardo e Valerio Castello, Raffaele Badaracco, ecc., che si aggiunsero alle opere d’arte più antiche.
Correvano purtroppo i tristi tempi della Riforma protestante, a cui si contrappose la Riforma cattolica voluta dal Concilio di Trento (1545/1563), con la conseguente rifioritura degli antichi Ordini religiosi e il sorgere di molti nuovi, e anche la Certosa divenne certamente centro propulsivo della Riforma tridentina genovese.
Periodo storico di rinascimento, ma anche di contraddizioni e guerre religiose, con la minaccia ad oriente dell’ormai potentissimo Impero Ottomano e per contro con gli immensi spazi delle Americhe aperte alla colonizzazione europea e la scoperta dei paesi dell’Asia: il piccolo mondo antico del medioevo europeo era oramai un ricordo.
Il Doge Ambrogio Dinegro (dal 1585 al 1587), discendente del fondatore e persona potente in Genova, la moglie Mineta ed il figlio Orazio, nell’ottica verosimilmente di questo rinnovamento religioso e civile, elessero a loro sepoltura la Certosa, fondata e cara ai loro maggiori, costruendo la cripta sotto l’altar maggiore, e i monumenti funebri del presbiterio in bello stile barocco, e beneficando il Cenobio con un lascito di 18000 lire genoine.
Il Doge, ed in particolare il figlio Orazio, avevano fama di persone pie certamente legate alla Riforma cattolica genovese.
I parrocchiani della fine del secolo XIX narravano che si poteva ammirare perfettamente rinsecchito Orazio Dinegro, comunemente chiamato ‘il Santo’.nel suo sarcofago aperto nella Cripta (venne poi richiuso dall’arciprete Oggero anche per i guasti che i fedeli vi apportavano). Certo nel Cenobio vi furono un gran numero di anime elette, monaci e laici, ma sono noti a Dio più che agli uomini, l’ordine certosino del resto non è uso proporre canonizzazioni, unico Santo è il fondatore. Si ricorda una Serva di Dio Angela Maria Mantica , savonese , arrivata ad alto grado di perfezione e doni spirituali, sepolta nell’Oratorio , ma purtroppo mancano più precise notizie in merito.
LA FINE DEL CENOBIO CERTOSINO
Alla fine del Settecento la storia del Cenobio certosino, dopo cinque secoli, volge al termine. Si può però parlare di storia quando proprio con tali istituzioni i monaci, spesso di estrazione nobile e benestante, intendevano sfuggire proprio dal mondo, ossia dalla ‘Storia’, per rifugiarsi all’ombra della Croce di Cristo, fedeli al motto “Stat Crux dum volvitur orbis”: sta ferma la Croce mentre si avvicendano gli avvenimenti del mondo?
La storia della Certosa è pertanto ricca in particolare di viva fede, di atti di pietà da parte di benefattori, di atti di carità verso le povere popolazioni della vallata, più che di avvenimenti storici.
Ma lungo l’antica strada verso il Nord della Polcevera non poteva rimanere estranea a quanto succedeva in specie nelle guerre, per ricordarne solo alcune più note: i francesi con Luigi XII, assedianti Genova, accampati alla Badia del Boschetto nel 1507, i Savoini del Duca Carlo Emanuele (la cui sconfitta nel 1625 è tuttora ricordata nel Santuario di N. S. della Vittoria sui Giovi), gli austriaci dell’Imperatrice Maria Teresa del 1746/47 (guerra nota per la rivolta popolare del Ballila di Portoria), fatti d’armi che fecero notevole guasto nella vallata, meno nelle chiese e conventi generalmente rispettate dai soldati dell’epoca, e non mancavano molti altri avvenimenti tristi: carestie, epidemie, ecc. ecc..
Tempi nuovi incombevano: una armata di 36000 rivoluzionari francesi, comandata da un oscuro generale corso di nome Napoleone Buonaparte, entrava in Italia per annunciare la fine degli antichi regimi e l’inizio di una nuova era ……
Con la Convenzione di Montebello (6 giugno 1797 o 18 pratile anno V della Rivoluzione), l’aristocrazia doveva rinunciare ai propri privilegi e nasceva la Repubblica democratica ligure: vennero aboliti titoli nobiliari (scalpellati anche dalle lapidi) e sostituiti dall’unico titolo di ‘cittadino’, soppressi i pochi residui feudi sui monti e nelle riviere, costituiti i dipartimenti e comuni in luogo dei governatorati e podesterie, e purtroppo con legge del 4 ottobre 1797 soppressi ben 86 dei 122 conventi liguri, tra cui quello della Certosa, i cui beni vennero alienati ‘a benefìcio della nazione’.
I monaci rimasero alla Certosa fino all’ottobre del 1798, poi passarono alla Badia del Boschetto, poi a Belvedere, poi alla Certosa di Savona, in seguito se ne persero le tracce.
L’ultimo priore fu padre Gallo, vi erano inoltre sette monaci e tre conversi; legato alla Certosa rimase uno di tali monaci Padre. Arcangelo Ponte (al secolo Nicola), passato al clero secolare, che frequentò la Certosa fino alla sua morte nel 1833, e che vi fu sepolto al centro della Chiesa (se ne conserva la lapide nella Cripta), lasciò i suoi beni alla Parrocchia raccomandando la celebrazione della festività di San Bruno.
Partiti i monaci nel convento venne installato un ospedale militare francese, ma poi nell’assedio di Genova del 1800 vi si acquartierarono gli austriaci.
Il secolo XIX iniziava infatti alla Certosa ed altrove in modo lieto.
Le armate napoleoniche dilagavano, era caduta la gloriosa Repubblica genovese sostituita, non senza fieri contrasti ed insurrezioni popolari, dalla Repubblica ligure democratica voluta dal Bonaparte.
Dopo ben 500 anni i monaci dovettero lasciare il Cenobio, che, ridotto oramai alla Chiesa, all’Oratorio ed al Chiostro grande , per tutto il 1799 rimase chiuso. Gli abitanti della Certosa però, fin dall’inizio del 1800, facevano istanza alla Commissione di Governo ed al Vicario generale dell’Arcidiocesi prima per la riapertura della chiesa, autorizzata in data 20 gennaio 1800, e poi, nel marzo dello stesso anno, per la sua costituzione in parrocchia; detta istanza era sostenuta anche dal Sindaco di Rivarolo Giacomo Alignani, un “giacobino” molto moderato, che ritroviamo, infatti, ancora sindaco nel 1818, caduto ormai Napoleone da alcuni anni. Ma forti venti di guerra incombevano su Genova, che veniva cinta d’assedio dall’esercito austriaco e per mare dalla flotta inglese, nel convento abbandonato della Certosa veniva prima installato un ospedale militare francese, poi veniva occupato dagli austriaci .
Durante tale blocco Genova e la vicina valle Polcevera furono teatro di grandi movimenti guerreschi; credo interessante riferire, a titolo di cronaca, alcune notizie tolte da un diario anonimo dell’assedio di Genova, che fanno luce su tali fatti (Atti Soc. Ligure di Storia Patria, Volume XXIII):
   “15 Aprile 1800 – Tutta Ia Polcevera è invasa da’ Tedeschi e sono acquartierati alla Certosa in Rivarolo. In cima dello stradone vi è sentinella tedesca. In fondo dello stesso in Sampierdarena sentinella francese. In Rivarolo (N.d.R. :Palazzo Fieschi, antico municipio) vi fu eretta una reggenza aulica in tre soggetti; e il Comandante colà de’ Tedeschi è un certo Assereto nostro Genovese.
     24 Aprile – Le muraglie della Città e tutti i forti sono coperti da’ Francesi, e non passa giorno che qualcuno di questi non faccia cannonate e non seguano qua e là scaramucce.
     30 Aprile – Chiudesi il mese di Aprile e si è aperto un generale attacco da Ponente per tutto il giro delle muraglie fino a Levante in Bisagno. La Città è in mezzo al fuoco………. “
Il blocco durò da aprile a giugno e fu durissimo per gli assediati a causa della fame e delle malattie, ma pensiamo anche per Certosa, percorsa da soldatesche di varie nazioni. La città cadde, la resa fu firmata nella cappelletta (tuttora esistente, anche se più volte rifatta) sul ponte di Cornigliano il 4 giugno del 1800 dal generale nizzardo Massena, con la vittoria di Napoleone a Marengo (14 giugno 1800) tutta la Liguria ritornò di nuovo però in mano dell’esercito francese. Ovviamente la costituzione della Parrocchia segnò un battuta di arresto, ma i nostri antichi certosini non disarmarono… e ritornavano all’attacco con una petizione in data 12 Agosto 1801, firmata, a nome degli abitanti di Certosa, Pietra e Gaglieno ( quartiere allora presso la Pietra ) dai “deputati” (rappresentanti): Stefano Prato, Gio.Filippo Brignardello, Gaetano Rollero,Giacomo Alignani, Antonio Cervetto, Lorenzo Tassistro.
LA FONDAZIONE DELLA PARROCCHIA
Con decreto del 18 agosto 1801, il Ministro dello Interno di Genova, sentito il Ministro di Polizia Generale, diede il nulla osta per la Parrocchia; seguiva il decreto di canonica costituzione dell‘Arcivescovo Giovanni Lercari in data 8 settembre del 1801, ed in data 9 settembre 1801 , su richiesta dei parrocchiani, il decreto che la dichiarava direttamente soggetta all’Arcivescovo.
Narra il Sindaco Alignani di Rivarolo, in un suo scritto, che l’Arcivescovo Lercari piangeva di consolazione nel firmare il predetto decreto vedendo la grande utilità della nuova Parrocchia. I confini vennero fissati, non senza contrasti con le parrocchie limitrofe di N.S. della Cella e Promontorio e di S.Maria Assunta, da oltre metà dello “stradone dei Cambiaso” ( ora via Fillak ), fino al torrente Torbella; poi vennero arretrati al fossato del Maltempo.
Gli stessi abitanti dei tre quartieri, col più grande entusiasmo, provvedevano la nuova parrocchia di mobili e di apparati sacri (forse appartenenti all’antico convento e conservati nascostamente dai buoni borghigiani), veniva pure costruita la casa canonica sul chiostro davanti alla Chiesa e tutto l ‘edificio (guasto dalle traversie belliche) restaurato.
Dal chiuso e saccheggiato Convento carmelitano di S. Croce (che si trovava appunto dove ora vi è l’ex forte Crocetta) venivano in seguito portate solennemente alla Certosa le statue secentesche della Madonna delle Grazie ed il Crocifisso ( che ornano gli altari laterali della chiesa, parti dei quali probabilmente sono pure di detto convento).
Primo Parroco, col titolo di Prevosto, venne nominato Don Angelo Granello, che resse la Parrocchia fino al 1818.
Dal decreto di nomina dell’Arcivescovo Giovanni Lercari si legge anche il compenso annuo, a cura della Fabbriceria, era di lire trecento, come è confermato anche da una lettera dello stesso Granello dove si lamenta che la Parrocchia non aveva altri redditi.
Intanto in Francia la Repubblica cadeva (1805) e Napoleone si incoronava Imperatore, presente il Papa Pio VII , nella riaperta e riconsacrata cattedrale di Notre Dame di Parigi: il giovane Imperatore dominava l’Europa.
Nello stesso anno a Genova la traballante Repubblica Ligure cessava, annessa al nuovo Impero francese. L‘amministrazione francese pur efficiente, ma piu’autoritaria e straniera, le leve militari, la presenza della ghigliottina al molo e poi a porta Soprana e non ultimo lo scarso rispetto per la religione, fecero sì che il nuovo regime non incontrasse le simpatie del popolo. Nel 1814, alla definitiva caduta di Napoleone, gli inglesi di Lord Bentinck, che aveva promesso la restaurazione dell’antica Repubblica, venivano infatti accolti come liberatori.
La Liguria non divenne più tuttavia Repubblica indipendente, essendo stata assegnata ai Savoia dal Congresso di Vienna, malgrado le pressanti richieste dell’ambasciatore genovese Pareto.
Per la Chiesa cattolica iniziano però tempi più favorevoli del periodo della Restaurazione. A Don Granello, dopo un periodo di economato spirituale di don Battista Carodini, succedettero alla guida della Parrocchia i Prevosti Don Angelo Scaramuccia (1819-25), Don Nicolò Moretti (1825-26), Don Giuseppe Cassina (1827-37); di tali parroci si hanno solo pochissimi documenti. Benché con meno di un migliaio di abitanti in Parrocchia sembra vi fossero anche curati o cappellani. La Certosa fino alla metà del secolo scorso rimase un modesto borgo agricolo; non vi sono tradizioni orali di quella epoca antica, modeste sono quelle scritte (atti latini di nascita e morte, e poche lettere).
NASCE LA CERTOSA MODERNA
Con il lungo ministero pastorale del Parroco Don Giuseppe Oggero (1837- 1889) nasce la Parrocchia moderna, mentre contemporaneamente l’antico borgo agricolo della Certosa, creato dai monaci, s’ingrandisce man mano diventando sobborgo industriale della grande città vicina.
Era l’ora del Risorgimento per l’unità d’Italia, epoca piena di entusiasmi, ma anche di contrasti, il maggiore dei quali per i cattolici fu la questione romana, nata con la presa di Roma al Papa del 1870. Certosa, nel 1858, vide sfilare per vari giorni l ‘Armata francese e Napoleone III, sbarcati a Genova, alleati degli italiani nella seconda guerra di indipendenza; anzi fu posto di tappa; gli ufficiali vennero alloggiati dal parroco Oggero nella Canonica e locali adiacenti ed i soldati nei chiostri.
Per la sua lunga permanenza e per la sua attività il Prevosto Oggero può un po’ considerarsi il secondo fondatore della Certosa (il parroco non aveva allora il titolo di arciprete, ma di prevosto anche se a don Oggero venne però concessa la dignità del cappino violaceo). Fu uomo energico e di azione, aveva come fedele curato e prezioso collaboratore il fratello don Ludovico (pré Niculin ) , uomo mite e serafico, animato da una fervente carità , considerato un santo dalla popolazione di allora. I fratelli Oggero ( un terzo era parroco di Ceranesi ) erano genovesi di nascita, di nobile origine e non privi di qualche mezzo di fortuna, che impiegarono per il bene della Certosa.
Don Giuseppe Oggero eseguì il restauro interno ed esterno della Chiesa, ampliò gli edifici parrocchiali, chiamando a dirigere i lavori l’ing. .Maurizio Dufour ( noto per aver edificato la Basilica dell’Immacolata, San Teodoro in Genova e varie altre chiese parrocchiali, egli fu pure uno degli esponenti più noti del movimento cattolico della seconda metà del XIX secolo).
I lavori ebbero fine nel 1892 con la costruzione dell’abside col coro, perfettamente inserita nell’architettura medievale della chiesa. Restaurò la cappella del capitolo trasformandola in sacrestia, costruì la casa adiacente alla stessa al posto di cappelle e celle ormai cadenti ed eresse la nuova casa canonica adiacente all’oratorio di San Bartolomeo, il cui ingresso venne perciò spostato dove si trova attualmente.
La sua opera fu ancor maggiore in campo pastorale: si può affermare che egli gettò le basi dell’organizzazione parrocchiale moderna, di cui ancora oggi si raccolgono i frutti. Fondò la Congregazione del Terzo Ordine francescano, la Congregazione delle Figlie di Maria, curò in modo particolare l’istruzione religiosa dei ragazzi, istituì un primo asilo parrocchiale e fu tra i patrocinatori, nel 1881, della fondazione della Società Operaia Cattolica di Mutuo soccorso Santa Maria e San Bartolomeo ( allora in comune con la parrocchia di Rivarolo).
Il borgo alla fine dell’Ottocento contava già 3000 anime, ma una nuova rivoluzione era alle porte anche alla Certosa: quella industriale, che muterà il volto del mondo e sarà origine anche alla questione sociale. Ed in tale ottica viene fondata appunto la Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, che raccolse ben presto centinaia di soci ed affianco l’opera di mutuo soccorso dell‘antica Confraternita di San Giuseppe, che dal 1825 aveva sede nell’Oratorio dopo la demolizione della Cappella di N.S. della Tosse al Borghetto. Per tale ragione S. Giuseppe era rappresentato fino a non molti anni sopra la porta dell’Oratorio detto allora di S. Giuseppe , di tale Congregazione ( ora cessata ) se ne conservano ancora il “Cristo” ..
All’ombra degli Oggero fiorirono vocazioni sacerdotali, come quella di Don Vincenzo Minetti, tra i fondatore di associazioni parrocchiali (Società Operaia Cattolica, Conferenza di San Vincenzo de Paoli) e, da Sacerdote , notissimo educatore della gioventù (una via gli è stata dedicata nel quartiere di Dinegro).
Da ricordare infine una bella tradizione ormai consolidata, che inziò proprio ai tempi del Prevosto Oggero nel 1887: il pellegrinaggio annuale parrocchiale al Santuario della Guardia, motivato allora dal terremoto che colpi gravemente in quell’anno il ponente ligure, ma che alla Certosa causò molta paura, ma fortunatamente pochi i danni. Il pellegrinaggio allora partiva dalla Certosa , a piedi s’intende, ed in processione saliva fino al Santuario, al passare del corteo era consuetudine che suonassero le campane delle parrocchie attraversate.
I fratelli Oggero riposano nella Cripta della Certosa.
LA FINE DELL’OTTOCENTO
Chiuse la serie dei parroci del XIX secolo Don Nicolò Sciaccaluga (1889/1903), il primo col titolo di Arciprete, nominato poi monsignore e Vicario generale dell’Arcidiocesi (1906), che seguì le orme del predecessore.
L’antica Certosa, borgo agricolo colonizzato dai monaci, era già un ricordo del passato; fin dalla metà dell’Ottocento nasceva infatti l’industria, si costruivano le ferrovie, le strade si aggiugevano alle strade e le case alle case, la popolazione cresceva (anche per l’immigrazione) fino a 4000 abitanti. Il livello di vita era peraltro molto più basso dell’attuale, alto l’analfabetismo, diffuse le malattie epidemiche, alta la mortalità infantile, sconosciute le moderne comodità.
Solo agli inizi del secolo XX si iniziò ad introdurre l’energia elettrica al posto dell’illuminazione a petrolio o a gas, ed i tram elettrici in luogo degli “omnibus” a cavalli (i cosiddetti “tranvaietti”).
Durante il ministero pastorale di Don Sciaccaluga venne fondata nel 1890 la Conferenza di San Vincenzo de Paoli per i poveri della Parrocchia , crebbe e prosperò la Società Operaia Cattolica (che costruì nel 1892 l’edificio sociale) , la Chiesa venne dotata di magnifici paramenti e, nel 1901, venne celebrato con grande solennità il centenario della parrocchia con luminarie, addobbi grandiosi, funzioni religiose ed un’imponente processione.
Per tale occasione vennero anche composti inni religiosi per il Santo Apostolo e per San Bruno, che vennero cantati ancora nei decenni seguenti; i più anziani li ricordano:
     “O certosini un cantico
    levian festosi al trono
    di San Bartolomeo,
    nostro Patrono
    e tu gran Santo accoglici…”,
iniziava quello in onore di San Bartolomeo, e
    “Salve, salve o mistico fiore
    sulle vette più eccelse sbocciato
    tu con vero intelletto d’amore
    ci sacrasti all’eterno signor”
iniziava quello di San Bruno.
Di quell’epoca (1895) è del tutto doveroso ricordare la fondazione della “Piccola Congregazione Operai di San Giuseppe” ad opera del curato Don Vincenzo Minetti, per la formazione religiosa dei giovani e con patronato per gli orfani, che costruì la sua prima casa (quella con la statua di San Giuseppe sulla sommità) ed altra vicina, poi alienate quando la Congregazione si trasferì a Dinegro San Teodoro (cessò nel 1939).
Mons. Sciaccaluga, uomo colto e di governo, sapeva però scendere al livello del popolo incolto: si narra che nella Santa Messa parrocchiale domenicale, che allora si celebrava alle ore 7 e alla quale in quei tempi di grande pratica religiosa affluivano moltissimi parrocchiani, non disdegnasse di spiegare il Vangelo in dialetto genovese e di applicarlo ai fatti avvenuti durante la settimana . Di nascita polceverasca, Mons. Sciaccaluga riposa nel cimitero di Rivarolo.
L’INIZIO DEL NOVECENTO
Nei primi due decenni del secolo scorso incontriamo un’altra veneranda figura di Pastore, Don Eugenio Parodi ,“uno dei migliori del clero del suo tempo”, come ebbe a definirlo il Card.Siri, aggiungendo che in quel periodo “si veniva alla Certosa per imparare”, tanta era la fioritura delle opere parrocchiali spirituali e sociali.
La Certosa si avviava a diventare definitivamente un sobborgo industriale di Genova (raggiunse nel 1920 i 10.000 abitanti), con tutti i problemi sociali e religiosi a tale trasformazione inerenti; molte furono le incomprensioni e difficoltà che il nuovo arciprete dovette affrontare sia per i problemi nati con la questione sociale, sia per quelli dovuti alla prima guerra mondiale.
Proprio per le orfane di guerra fondò nel 1919 l’Istituto Divina Provvidenza, affidandolo alle Suore Dorotee di Vicenza, che ora gestiscono l’asilo infantile e la scuola elementare parrocchiale. Prima Superiora fu Suor Casta, poi Suor Giachelina, infine per lunghi anni Suor Gemma, che i parrocchiani meno giovani ancora ricordano e che è sepolta nel corridoio sul fianco sinistro del presbiterio. Le suore furono da allora sempre prezioso aiuto per la vita parrocchiale, per l’insegnamento del catechismo, per il ricreatorio femminile e per molte altre attività.
Per l’educazione dei ragazzi e dei giovani venne istituito nel 1919 il Circolo giovanile cattolico, primo nucleo dell’Azione Cattolica, che tuttora è attiva nelle sue articolazioni moderne.
Inizia in quei tempi il ricreatorio per i ragazzi, attività specifica dei giovani curati e della Gioventù di Azione cattolica, una caratteristica istituzione certosina; l’antico chiostro cinquecentesco (“il piazzale”, come tuttora lo chiamano) fu per lunghi anni, ed ancora in parte lo è, il ritrovo affollato dei ragazzi per giochi vari e soprattutto per animatissime partite di calcio.
L’attività sociale prosperò con la Conferenza di San Vincenzo e con la Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, che raggiunse i cinquecento soci ed istituì la sezione femminile; dello stesso periodo furono l’istituzione della Banda musicale e della Filodrammatica, che operarono per molti decenni con successo.
Notevoli furono le opere dell’Arciprete Parodi: provvide la chiesa di un grandioso organo, restaurò il campanile e lo dotò di un concerto di cinque grandi campane, fece eseguire le artistiche bancali del coro in noce, arricchì la Chiesa di artistiche vetrate, dotò l’altare maggiore del prezioso tabernacolo, rifece il pavimento in marmo e raccolse i resti mortali dei sepolti nella Chiesa e nei fondi (catacombe) in apposito ossario nella cripta.
Morì Prevosto in San Giacomo di Carignano nel 1903; di nascita polceverasca, riposa dal 1989 nella cripta della Certosa.
UN’ATTIVITA’ INTENSA – Mons. Galbiati
Nel 1920 fu nominato Arciprete Don Giuseppe Galbiati, ex cappellano degli “ Arditi” in guerra e decorato al valore, che resse la Parrocchia fino alle soglie della seconda guerra mondiale (1940).
Di origine lombarda, aveva conservato dei lombardi il carattere deciso, ma cordiale e l’attivismo, pur essendosi perfettamente naturalizzato genovese.
Infaticabile, sempre pronto a promuovere nuove iniziative e a sostenere e valorizzare le associazioni parrocchiali, che non mancarono di sentirne i benefici, in tempi non sempre facili seppe guidare la Parrocchia con fermezza e dignità. Promosse particolarmente l’istruzione religiosa dei ragazzi (si pensi che si arrivò ad oltre venti classi di catechismo domenicale) . Frequentatissimo dai ragazzi dell’epoca il Ricreatorio A. Manzoni ed il doposcuola Giuseppe Oggero.
Numerose le visite degli Arcivescovi Mons Pulciano ed il Card. Minoretti e meritata la nomina a Monsignore che egli ebbe nel 1936. Don Galbiati fu anche lo storico della Certosa: egli raccolse infatti in un volume, oggi introvabile, tutta la documentazione esistente a partire dalla fondazione del monastero certosino fino alla Parrocchia dell’Ottocento (buona parte delle notizie della presente rievocazione storica sono tratte da tale fonte).
I venti anni d’intensa attività pastorale bastarono però a minare la sua forte costituzione ed ad obbligarlo, con la morte nel cuore, a rinunciare alla parrocchia per passare canonico nella Cattedrale di S. Lorenzo. Morì a Gavi , dove era stato in antico curato, nel 1950 ed ivi è tuttora sepolto.
GLI ANNI DIFFICILI DELLA GUERRA
Il 4 maggio del 1940 fece il suo ingresso il nuovo Arciprete, con una tale imponente e spontanea accoglienza dei parrocchiani, che don Giuseppe Siri, presente alla manifestazione, ebbe ad esclamare “fa pensare all’arrivo di un Vescovo!“. Il futuro Arcivescovo era stato profeta: Don Secondo Chiocca diverrà nel 1947 Vescovo di Foligno e poi Vescovo Ausiliare di Genova.
Ma il 10 giugno del 1940 l’Italia entrava in guerra.
Don Chiocca iniziò subito la sua attività pastorale: ricordiamo le grandiose feste per l’incoronazione delle statue di N.S. della Guardia e delle Grazie, la solenne consacrazione dell’altare maggiore, i restauri degli ornati della Chiesa, la fondazione degli Uomini di Azione Cattolica. Un inizio davvero promettente.
Ma la domenica 9 febbraio 1941 i 1500 proiettili della flotta inglese, che dal largo di Portofino piovvero su Genova (ed anche sulla Certosa, dove venne distrutta una casa presso Piazza Facchini) ricordarono che si era in guerra ! Certosa divenne campo di battaglia. Seguirono numerosi bombardamenti aerei, in particolare quello del 4 giugno del 1944, che distrusse ben 40 case della Certosa (nel periodo bellico a Genova si ebbero ben 570 allarmi aerei!). I più anziani ricordano ancora quegli anni con le notti buie per l’oscuramento, il cupo rumore della contraerea e quello lacerante dello scoppio delle bombe, i rifugi anti-aerei ricavati nei fondi delle case e nelle gallerie del tram e dell’autostrada. Anche la Chiesa aveva allestito un rifugio antiaereo vicino alla cripta; durante un’incursione aerea quattro bombe caddero a circa 100 metri dalla chiesa provocando la rovina delle vetrate e violente deflagrazioni, tanto che l’Arciprete impartì alle persone che erano nel rifugio l’assoluzione “in articulo mortis”.
Incurante del pericolo il giovane Arciprete si vide accorrere senza indugi per ogni evenienza ed opera d’assistenza. In mezzo all’odio ed alle discordie della guerra seppe essere l’evangelico uomo di pace e moderazione, e lenire molti dolori spirituali e materiali.
La guerra finì e, nell’aprile del 1945, il chiostro divenne campo di concentramento per più giorni di ben 600 prigionieri tedeschi, ai quali l’Arciprete (tramite le suore) fornì il rancio.
In breve tempo ripresero le attività delle associazioni parrocchiali e la chiesa, rimasta miracolosamente in piedi anche se danneggiata, venne restaurata.
Nel 1947, Don Chiocca, nominato Vescovo di Foligno, fu solennemente consacrato alla Certosa. Mons. Chiocca ritornò poi a Genova come Vescovo Ausiliare ed ora riposa nella cripta della Certosa.
SECONDA META’ DEL NOVECENTO RIPRESA E RINNOVAMENTO
Dopo un breve periodo di amministrazione di Don Emilio Traverso, di nascita certosina, in una Certosa ancora sconvolta moralmente e materialmente dalla guerra fece solenne ingresso il nuovo Arciprete Don Camillo Tubino.
Molte case ancora danneggiate, il basso tenore di vita, i numerosi disoccupati e tante altre miserie conferivano al sobborgo un aspetto alquanto squallido; la minestra per i poveri, somministrata quotidianamente alla porta del chiostro dalle suore, rievocava ricordi di tempi medievali.
Quando don Tubino lasciò la Certosa si era invece in piena civiltà del benessere: auto, motocicli, elettrodomestici, televisione, case con ascensore e riscaldamento, negozi lussuosi e pieni d’ogni ben di Dio, vacanze estive,…; la miseria del passato sembrava in apparenza scomparsa!
Il nuovo Arciprete non si sgomentò ed iniziò subito con modestia e solerzia la sua attività pastorale, non facendo mai mancare il suo incitamento e consiglio: seppe indovinare con prudenza i tempi, favorire la ripresa, infondere speranza. E non mancarono i frutti: le associazioni cattoliche parrocchiali rifiorirono adeguandosi al mutare dei tempi.
Tale rifioritura è testimoniata tra l’altro dalle varie celebrazioni anniversarie, sempre vive e riuscite ed ancora nel ricordo di molti: nel 1939 il 30° di fondazione del Circolo giovanile ed il 30° di fondazione dell’Istituto Divina Provvidenza; nel 1951 il 150° anniversario di fondazione della Parrocchia con grandi solennità e processione con la statua dell’Apostolo ed il vecchio “Cristo” della cessata Congregazione di San Giuseppe; nel 1969 il 50° di fondazione del Circolo giovanile (poi Gioventù di Azione Cattolica), presente il Cardinale Arcivescovo; nel 1971 il 90° e nel 1981 il 100° di fondazione della Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso, con grandi festeggiamenti e l’allestimento di una mostra. In quegli anni l’Istituto Divina Provvidenza s’ingrandì, costruendo la cappella, ed i nuovi locali della Scuola elementare, e ristrutturando l’Asilo infantile nel chiostro. Opere di restauro varie interessarono anche gli edifici parrocchiali.
Intensa fu anche l’attività più propriamente religiosa: la pratica religiosa ancora viva, le intense giornate di fede mariana della “Peregrinatio Mariae” del 1948, la missione dei volontari della “Pro Civitate Christiana” di Assisi dello stesso anno, i primi premi conseguiti dai giovani e ragazzi nelle gare catechistiche, le sagre religiose di San Bartolomeo in Agosto, che proseguirono fino agli anni sessanta, con la fiera, le luminarie e grande affluenza di persone.
LA CERTOSA VERSO IL DUEMILA E OLTRE
La nostra cronaca è giunta ai giorni nostri: tutti ricordano Mons. Giuseppe Risso, che ci ha portato fino alle soglie del terzo millennio e che ci ha lasciato proprio all’inizio del 200° anniversario della Parrocchia, per tornare al Padre a ricevere il premio per l’attività pastorale del suo lungo ministero.
Egli seppe interpretare i tempi nuovi e rinnovare l’attività delle associazioni parrocchiali. Predilesse fino all’ultimo un servizio che sempre lo ha contraddistinto: la visita agli ammalati ed alle persone anziane Con molto zelo ed entusiasmo iniziò la sua attività fin dai suoi primi anni di ministero alla Certosa: ricordiamo la grande Missione dei Padri Cappuccini nel 1981; la rinnovata tradizione della festa di N.S. delle Grazie nel 1982, proseguita poi negli anni seguenti; il Congresso Eucaristico parrocchiale nel 1984; il restauro del medievale oratorio di San Bartolomeo.
Seppe armonizzare la sua nuova cura pastorale alla Certosa con altri impegni pastorali, in particolare in una realtà assai ampia ed articolata come le Ferrovie dello Stato di cui era da anni e rimase cappellano a livello compartimentale.
Sensibile al problema dell’immigrazione, introdusse alla Certosa la festa di N..S. della Catena, venerata in Sicilia, dotando l’oratorio di una bella statua lignea incoronata nel 1987 dal Cardinale Arcivescovo; la nuova festa si celebra annualmente ed è particolarmente seguita dalle persone di Riesi (CL), che a Rivarolo sono circa 3000.
Non mancarono le opere materiali concretatosi in importanti interventi di ricupero e manutenzione: oltre al già citato oratorio, gli interventi riguardarono il campanile, i tetti della chiesa, gli edifici parrocchiali; fu restaurato l’organo e ricostruito il tamburo di ingresso. Ricordiamo ancora le celebrazioni del 190° della Parrocchia nel 1991 e del 700° anniversario della fondazione del monastero certosino (la Certosa) nel 1997. In questa occasione le manifestazioni religiose culminarono con la processione con le statue dei Santi titolari seguita da una grande folla, mai vista da anni; la cerimonia finale si tenne nel chiostro e fu presieduta dall’Arcivescovo.
A coronamento di tante opere, “don Pino”, come amava farsi chiamare, ebbe la nomina a Monsignore.
E’ doveroso infine ricordare i curati, che spesso, molto validamente, hanno collaborato con i Parroci; i dirigenti delle varie associazioni parrocchiali succedutisi nel tempo; i numerosi sacerdoti che hanno visto nascere alla Certosa la loro vocazione e che riconoscenti ricordarono e ricordano la nostra parrocchia; le Suore dell’Istituto Divina Provvidenza, che, dal 1919, costituiscono un pilastro dell’organizzazione parrocchiale; e tutti i parrocchiani che in oltre duecento anni sono passati dalla chiesa terrena a quella celeste. La realtà oggi è andata profondamente mutando, sono sorti nuovi e complessi problemi, la parrocchia è chiamata ad un’opera di nuova evangelizzazione attraverso un rinnovato impegno e un forte annuncio del messaggio evangelico.
E’ il compito cui si era accinto con  entusiasmo il Parroco, Don Lorenzo Ghiglione, giunto proprio in occasione del 200mo anniversario della Parrocchia nel 2001 e, che nel solco tracciato dai suoi predecessori, ma attento ai segni dei tempi, ha guidato la Parrocchia con mano ferma e sicura oltre la soglia che la introduce nel terzo secolo di vita .
E’ purtroppo scomparso prematuramente e tragicamente a causa di un grave incidente durante un’escursione sulle alture di Arenzano il 10 Ottobre 2007. Imponente la partecipazione alle esequie officiate il 13 ottobre 2007 dall’Arcivescovo Mons.Angelo Bagnasco, dall’Ausiliare Mons. Luigi Palletti e da un gran numero di sacerdoti. Nel suo ministero sacerdotale infatti aveva ricoperto diversi incarichi: Vicario nella parrocchia di S.Ambrogio a Voltri, Assistente diocesano del Settore Giovani di Azione Cattolica, Parroco di San Rocco di Principe, Rettore del Seminario Minore, Incaricato diocesano per la Pastorale della Famiglia, Incaricato per le vocazioni, e pertanto era molto conosciuto ed apprezzato. Ben disse di Lui nella commemorazione don Silvio Grilli :
“Se il suo impegno di pastore intelligente , poliedrico ed infaticabile lo aveva portato a spendersi nelle citate esperienze nella Chiesa diocesana, che ha amato piu’ di se stesso con spirito di fedelta’  e di servizio, nella Parrocchia di San Bartolomeo ha profuso tutte le sue forze e soprattutto la sua grande esperienza da educatore e di pastore”.
Giorgio Prefumo
Fonti: Mons.Giuseppe Galbiati: la Valpolcevera e la Certosa di Rivarolo. ( dalla fondazione del Cenobio del sec.XIII fino al sec.XIX) Giornali e pubblicazioni (sec. XX) Numeri unici parrocchiali ( dal 1930 in poi ) , Tradizione orale (dalla fine del sec. XIX).  – Pubblicata sui Numeri unici del 700° Certosa e 200° Parrocchia.